Stare dentro il Tempo

Attesa
stare dentro il tempo

Attivo la mente, scaldo il cuore, apro ed estendo la mia anima.
Ora sono pronto per comunicare.
Mi sento in un flusso che non va interrotto: un fiume in piena pronto a sfociare nell’immenso blu che è l’etere, lo spazio indefinito lì fuori, una bolla da riempire con tutte me stesso. Il tempo non esiste più, è relativo.
Quante volte invece il tempo stesso mi ha frantumato, rendendomi piccolo e vulnerabile. Quante
volte l’attesa mi ha annientato, sopraffacendo ogni disegno nella mia testa: un battito di ciglia è sufficiente per uscire da sé stessi. Quando esco da me stesso paradossalmente mi rifugio nell’antro più piccolo ed oscuro in me: perdo il controllo e lo accompagnano la volontà e la facoltà di comunicare. Due occhi diventano duecento riflettori, sembra che qualcuno gridi di spicciarsi e pare che debba scappare altrove, liberarmi di ogni parola che assomiglia ad un macigno da spostare invano.

Quanto a voi, come vivete il tempo? Dal canto mio trovo sempre più palese che il tenore della vita che conduciamo non sia dettato da altro che dal nostro modo di percepire e di stare dentro al tempo; idealmente galoppandoci sopra e mirando ciò che ci circonda, gustando ogni dettaglio irrilevante che cattura i nostri sensi, focalizzandoci sulla nostra presenza in quel determinato istante.
Siamo presenti o proiettati? Qui o altrove? Nell’ora o ad un qualsivoglia momento? Con chi ci sta accanto o negli anfratti delle nostre paturnie?
E’ fondamentale lasciare che il tempo lavori IN noi: lasciare fluire, lasciare che gli eventi si manifestino attorno a noi per ammirare il limpido disegno che tiene insieme le fila della nostra esistenza, tenendo insieme l’estremamente piccolo e l’estremamente grande nella bolla di cui parlavo poco sopra.

L’attesa è un rituale di iniziazione di un percorso. L’attesa è essa stessa tempo quindi percorso.
Sta a noi celebrarla e trarne energia o ripudiarla e farci annientare.
Sono pronto per partire!
Siamo pronti per partire!

Mauro Serafin

Foto: Diletta De Bortoli